“Dovrebbe sempre star socchiusa l’anima”
Emily Dickinson
Secondo l’antica filosofia Cinese la primavera corrisponde al periodo dell’anno dominato dal Tuono: la forza che in questa stagione dà una sorta di scossa alla natura determinando un risveglio, un rimettersi in movimento, un nuovo inizio.
Osservando il cielo, la terra, gli elementi e il susseguirsi delle stagioni i saggi del tempo, un po’ come i primi filosofi greci, cercavano di leggere il mondo e trovare dei principi che aiutassero l’uomo ad armonizzarsi con lo scorrere delle cose.
L’I Ching, il Libro Dei Mutamenti, è insieme al Tao Te Ching uno dei testi fondamentali del pensiero filosofico cinese. In occidente la sua prima diffusione al pubblico è stata resa possibile solo grazie alla traduzione in tedesco di Richard Wilhelm, un missionario che, dopo anni di soggiorno in Cina e dopo aver profondamente assimilato la filosofia neo-confuciana, ci offre un testo leggibile, in grado di trasmettere le profonde idee filosofiche contenute nel libro.
Poi, nel 1950 con la traduzione dal tedesco in Inglese, curata da Baynes e fortemente incoraggiata da C.G. Jung, l’I Ching diventa davvero popolare.
La prefazione di Jung all’edizione Inglese è un vero saggio di Psicologia e un tentativo (molto Junghiano) di far capire come un testo oracolare non sia solo un cumulo di superstizioni ma un modo profondo di parlare alla psiche e di usare certe immagini per permetterci di sopravvivere e di cavarcela in un mondo che non è mai ordinato o, quando lo è, è comunque in movimento verso un nuovo momento di caos, verso un nuovo mutamento.
Ho visto usare l’I Ching in molti modi, alcuni molto stupidi. Io stesso a volte ho preteso di aprirlo per trovare una risposta in un momento d’ansia come se stessi interrogando una qualche entità superiore ma senza aver nemmeno posto una vera domanda, senza essermi prima davvero chiesto “cosa cerco?”.
Il mutamento a cui il termine I (o Yi) di I Ching si riferisce “… non è l’ordinato avvicendarsi delle stagioni o la crescita di un organismo o i cambiamenti che avvengono in una persona con il passare del tempo”. Per quel tipo di cambiamenti nessun oracolo andrebbe scomodato perché possono essere visti come un naturale progredire: “quando negli anni, mesi e giorni, la stagione non ha yi, i cereali maturano in abbondanza, il governo è illuminato, le persone di talento occupano posti di responsabilità e la casa è in pace e prospera.” Ma non sempre (o quasi mai) è così: “quando negli anni, mesi e giorni la stagione ha yi, i cereali non maturano in abbondanza, il governo è inefficiente e corrotto, le persone di talento sono relegate in posizioni marginali e la casa non è in pace.” (The Book of Documents, Stoccolma 1950)
Lo yi corrisponde insomma al movimento caotico, al precipitare delle cose al tuono che scuote ma non in modo armonico come dovrebbe succedere in questa stagione, o all’acqua che invece di scorrere e fluire scroscia e travolge. “Stagione” sta per momento con una certa qualità, periodo caratterizzato da un particolare movimento. Ciò che l’I Ching tenta è una descrizione del momento e allo stesso tempo la creazione di una cornice che permetta a chi chiede di riflettere e di sintonizzarsi. I e yi indicano il movimento caotico ma anche l’atteggiamento necessario ad affrontarlo. Possono essere tradotti con il termine versatilità e l’I Ching è il Libro della Versatilità.
Sarebbe bello se in questo tremendo momento, in questa folle stagione, solo il tuono che spinge le cose a germogliare fosse all’opera. Non occorrerebbero particolari oracoli se non quelli che ognuno di noi potrebbe interrogare per le piccole cose o per i drammi personali che comunque possono scuotere le nostre vite. Ma c’è un caos ben più vasto in cui siamo immersi.
Riflettevo in questi giorni sulla fortuna mia e di tante persone che conosco che, pur con i nostri dolori personali e con le dissonanze che accompagnano la vita di ognuno di noi, possiamo fermarci a riflettere sui nostri guai. E riflettevo sul rimbombo che qua è per ora e per fortuna solo inquietudine e sottofondo; su quanto sia in grado di perturbare la psiche di noi che tutto sommato siamo ai margini della tragedia e fuori dal temporale. A quanto intollerabile caos sono sottoposte persone come noi che si ritrovano in un mondo di colpo inospitale e pericoloso? Quanta versatilità è chiesta a chi deve affrontare un simile dramma?
Certe cose sono difficili anche da pensare e si sentono così tanti giudizi sparati con malcelata presunzione e con la pretesa di sapere cosa andrebbe fatto. Credo che, qua, ai margini del temporale e per il momento al sicuro ci sia spazio per chiederci cosa dovremmo chiederci. La versatilità, per chi può permettersela, è la capacità di soffermarsi a percepire il mondo e pensare a fondo prima di agire considerando il contesto e la quantità di ordine e di caos presenti nel sistema in cui si è immersi. Chi deve scappare o attaccare o stare immobile e nascosto non può permettersi questo lusso.
Noi ancora sì! Cosa dobbiamo chiederci?
Una delle caratteristiche che più contraddistingue le personalità antisociali è proprio la mancanza di versatilità: sono sempre pronti a rispondere e si pongono pochissime domande, sembrano molto sicuri e si comportano come se lo fossero perché credono che il mondo sia leggibile e facile da dominare.
Noi che possiamo permettercelo dovremmo coltivare l’opposto.