“Per quanto lontano tu possa andare
non raggiungerai i confini dell’anima”
Eraclito
“Perciò non ci sarà una definizione che limita e taglia,
ma piuttosto un’amplificazione che estende e connette”
J.Hillman
Sono convinto che ciò che rende curativa la domanda psicologica “Dove sono?” sia il fatto che, nel momento in cui comincio a fantasticare in termini spaziali, ho l’occasione di “guardare nella mente” e di interrogarmi sul mio mondo interiore come se questo fosse un luogo. In questa cronaca darò un’idea di perché credo sia utile farlo.
Quando chiedo ad una paziente che ha avuto un attacco di panico: “Tu dove eri in quel momento?” non mi accontento della prima risposta che in genere è qualcosa del tipo: “In automobile”, “In tangenziale”, “In automobile e in tangenziale”. Questa è una risposta ovvia e risponde alla domanda “Dove era il tuo corpo?”. Ora, è abbastanza ovvio che il paziente si trovi dove è il suo corpo: la mente infatti è innanzitutto un processo incarnato; tuttavia ognuno di noi sa che, molto spesso, la mente sta vagando in luoghi interiori che sono, in effetti, molto distanti dal luogo in cui ci troviamo, fisicamente, in questo momento.