“L’analista in seduta deve,
prima di ogni cosa, fare il lutto della realtà”
A.Costa
Ci sono, nella psiche, oggetti che, per trasformarsi, devono passare attraverso una serie di sogni: sogniamo l’esame di maturità, un viaggio in una casa, familiare ma, contemporaneamente, strana e perturbante, un amplesso con… non si sa bene, una ninfa, forse; e, poi, al risveglio ci chiediamo cos’è quella sensazione di estraneità, come se il mondo del mattino fosse meno reale.
Dovremmo/vorremmo tornare nel sogno perché c’è in noi una parte che sa bene che “l’io” che ha sognato, quello strano oggetto che è l’io sognante, avrebbe bisogno di riimmergersi nel sonno per trasformarsi ancora, portare avanti quel processo che, come nella vita, aggiunge certi attributi: permette al protagonista di costruirsi e costruire il mondo.
Occorre uscire dalla concezione naif che “il mondo di quando avevo quattro anni sia lo stesso mondo di quando ne avevo quindici o trenta”, è cambiato perché tutto cambia ma, soprattutto è cambiato perché il costruttore: “colui” che sogna e costruisce il mondo non è più lo stesso.
Nella realtà così come nei sogni : “Ciò che percepisco non sono gli indizi grezzi e ambigui che dal mondo esterno arrivano ai miei occhi, alle mie orecchie e alle mie dita. Percepisco qualcosa di assai più ricco, un’immagine che combina tutti questi segnali grezzi con un’enorme quantità di esperienze passate… La nostra percezione del mondo è una fantasia che coincide con la realtà.” (C.Frith)
Ed è fondamentale, per la salute psichica e per la sopravvivenza nel mondo liquido smettere di separare nettamente, farla finita con l’idea che una linea retta e rassicurante divida me dal mondo, il sonno dalla veglia, l’io dagli altri!