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Sogni

L’analista in seduta deve,
prima di ogni cosa, fare il lutto della realtà”
A.Costa

Ci sono, nella psiche, oggetti che, per trasformarsi, devono passare attraverso una serie di sogni: sogniamo l’esame di maturità, un viaggio in una casa, familiare ma, contemporaneamente, strana e perturbante, un amplesso con… non si sa bene, una ninfa, forse; e, poi, al risveglio ci chiediamo cos’è quella sensazione di estraneità, come se il mondo del mattino fosse meno reale.

Dovremmo/vorremmo tornare nel sogno perché c’è in noi una parte che sa bene che “l’io” che ha sognato, quello strano oggetto che è l’io sognante, avrebbe bisogno di riimmergersi nel sonno per trasformarsi ancora, portare avanti quel processo che, come nella vita, aggiunge certi attributi: permette al protagonista di costruirsi e costruire il mondo.

Gustav_Klimt_Morte e vita (particolare)

Gustav Klimt, Morte e vita (particolare)

Occorre uscire dalla concezione naif che “il mondo di quando avevo quattro anni sia lo stesso mondo di quando ne avevo quindici o trenta”, è cambiato perché tutto cambia ma, soprattutto è cambiato perché il costruttore: “colui” che sogna e costruisce il mondo non è più lo stesso.

Nella realtà così come nei sogni : “Ciò che percepisco non sono gli indizi grezzi e ambigui che dal mondo esterno arrivano ai miei occhi, alle mie orecchie e alle mie dita. Percepisco qualcosa di assai più ricco, un’immagine che combina tutti questi segnali grezzi con un’enorme quantità di esperienze passate… La nostra percezione del mondo è una fantasia che coincide con la realtà.” (C.Frith)

Ed è fondamentale, per la salute psichica e per la sopravvivenza nel mondo liquido smettere di separare nettamente, farla finita con l’idea che una linea retta e rassicurante divida me dal mondo, il sonno dalla veglia, l’io dagli altri!

Cronaca 14 – Hypnos: Memoria

Vari studi dimostrano che se il
nostro cervello stima che un
particolare evento sia significativo,
il ricordo di tale evento
avrà una maggiore probabilità
di venire in seguito richiamato”
Edelman et al.

Rileggendo “Stati di Coscienza: senza Memoria e senza Desiderio” e riflettendo su alcune delle domande e dei commenti che quel post ha suscitato mi sono reso conto che le “mie” definizioni di memoria e di desiderio si scostano parecchio dal significato che normalmente si dà a questi termini.

Con questa cronaca e con altre che seguiranno cercherò di riempire la distanza fra le due definizioni.

Ho deciso di inserire queste mie considerazioni sulla memoria in una delle cronache con il “suffisso” Hypnos perché considero che gran parte di ciò che dirò rientra in una categoria poco osservata e poco indagata (dai non addetti ai lavori) di fenomeni. A volte, in questo blog, tratto argomenti così ampi che, al solo pensiero di affrontarli, sento che le poche cose che dirò non saranno che una goccia nel mare di ciò che andrebbe detto e che altri, spesso molto preparati, hanno provato a dire versando, a loro volta, le loro gocce.

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Stati di coscienza: “Senza memoria e senza desiderio”

Complicare è facile, semplificare è difficile.
Un esperto è un uomo che ha fatto tutti gli errori
che è possibile compiere in un campo molto ristretto”
Niels Bohr

Racconta lo psichiatra J.S.Grotstein che, quando in una delle prime sedute con il suo maestro W.R.Bion, gli chiese di ripetere un’interpretazione che questi aveva appena formulato, si sentì rispondere: “Non posso ripeterla, il tempo è passato, dovremo riafferrarla a valle nella sua trasformazione.”.

Tale era la visione di Bion riguardo allo scorrere del tempo in seduta e riguardo all’atteggiamento che un terapeuta dovrebbe avere e che anche un paziente dovrebbe apprendere riguardo al flusso di coscienza. Siamo così abituati ad una sorta di stato di coscienza usuale in cui siamo noi a: fermare il tempo, trattenere certe informazioni, determinare il ritmo della nostra coscienza… che crediamo che questo modo, questa qualità dell’intercalare gli eventi e i pensieri, sia quello da privilegiare sempre e comunque.

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Cronaca 13 – Hypnos II Parte: favorire l’Inconscio

Penso che il terapeuta non faccia altro che offrirti
l’occasione di pensare al tuo problema
in un’atmosfera favorevole”
M.H.Erickson

Parlavo nella Cronaca 12 della necessità di raggiungere l’inconscio e attivare la sua improvvisazione: la sua capacità di riconoscere nessi, progettare adattamenti e cambiamenti possibili, creare nuove strutture.

Questa attivazione dell’improvvisazione deve passare da una attenuazione della “prepotenza del conscio” che si può ottenere grazie al raggiungimento di uno stato di coscienza modificato, la Trance.

Ma cosa succede durante una Trance? Cosa cambia quando una persona guarda, sente e vede diversamente se stessa e i propri stati d’animo? Perché dovremmo avere fede (Bion) in questa fantasmatica capacità dell’inconscio di risanarsi?

Per rispondere a queste domande occorre partire da uno dei prodotti fondamentali dell’inconscio: il sintomo.

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Cronaca 12 – Hypnos: lo stato di Trance

Credo che l’azione, se deve essere pianificata,
vada sempre pianificata su una base estetica”
G.Bateson

… vediamo tremare e confondersi i limiti fra noi e la natura e veniamo a conoscere l’atmosfera in cui non sappiamo se le immagini sulla retina provengono da impressioni esteriori o da quelle interne. Mai come in questo semplice esercizio facciamo la semplice e facile scoperta di quanto siamo creatori, di quanto la nostra anima sia sempre partecipe della continua creazione del mondo.”. Così H.Hesse in uno dei suoi primi romanzi, Demian, fa commentare al protagonista l’esperienza che, soffermandosi con un amico a guardare il fuoco che brucia in un caminetto, ha appena vissuto.

Così avviene quando lasciamo che la nostra attenzione fluttui liberamente e togliamo un po’ di quella censura della coscienza che continuamente tenta di descrivere il mondo “per quello che è”.

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