Tag Archives: D.O.C.

Perfezionismo o maestria?

Non ho fallito, ho semplicemente
trovato i 10.000 modi in cui non funzionava”
T.Edison

Aidos è la dea greca della vergogna e della modestia. Se ne va in giro insieme a Nemesi, dea della vendetta, ed è in grado di incutere in chi la percepisce quella sensazione di riverenza e di pudore che dovrebbe trattenere gli esseri umani dal compiere il male.

Credo dovrebbe stare, inoltre, nello studio di ogni psicoterapeuta come un antidoto, un farmaco da somministrare a chi tenta di essere perfetto: gli ossessivi in particolare che intravedono la catastrofe in ogni imperfezione del comportamento, in ogni sbaglio che non deve esser scoperto e che va subito rimediato per evitare la vergogna appunto e la colpa e la vendetta di… chiunque scopra l’errore e, soprattutto, di quel giudice interiore che sempre misura la distanza fra l’io e l’ideale e, negli ossessivi, determina la fissazione che trasforma il pensiero in ruminazione e in coazione a ripetere/ritornare sui propri passi/ “rimediare”.

Questi comportamenti sono evidenti in chi soffre di DOC ma nessuno sfugge completamente allo sguardo di quella parte di noi che, imponendo uno standard irraggiungibile, ci tiene sotto scacco e ci paralizza con richieste soverchianti e con desideri inesaudibili. Continua a leggere

Ripetere, ricordare, dimenticare

Gli analfabeti del futuro sono quelli che non sapranno
dimenticare quello che hanno imparato per reimparare”
M. Zamperini

Nel suo “The pleasure of finding things out” il fisico Richard Feyman, parlando del senso della vita, scrive: “Nel corso dei tempi gli uomini hanno tentato di afferrare il significato della vita. Si è capito, infatti, che se una qualche direzione o un qualche significato può essere attribuito alle nostre azioni, questa attribuzione è in grado di liberare grandi potenziali umani. Penso che saranno quindi state date molte risposte alla domanda che chiedeva il senso di tutto questo. Ma ne sono state dette di tutti i colori e chi proponeva una certa risposta ha guardato con orrore alle azioni di altri che ne proponevano un’altra. Un orrore dettato dal fatto che, guardando da un punto di vista diverso, sembrava che tutte le potenzialità della razza umana venissero, con quella visione, incanalate in un falso e fuorviante vicolo cieco. Infatti, è dalla storia delle enormi mostruosità create dai falsi credo che i filosofi si sono resi conto delle apparentemente infinite e stupefacenti capacità degli esseri umani. Il sogno rimane quello di trovare un canale aperto (NdT: libero da queste contraddizioni).
Quindi, qual è il significato di tutto questo? Cosa possiamo dire per svelare il mistero dell’esistenza? Se prendiamo in considerazione tutto, non solo ciò che gli antichi conoscevano, ma tutto ciò che conosciamo noi oggi, penso che dobbiamo francamente ammettere che non lo sappiamo. Ma ammettendolo abbiamo probabilmente trovato il canale aperto.”

In psicologia e nella clinica in particolare questo canale aperto è quella posizione che ci permette di lasciare in sospeso la risposta: quello stato relazionale nel quale possiamo prenderci il lusso di dimenticare ciò che sappiamo, di prescindere per un po’ dalle nostre risposte per ascoltare l’altro.

Continua a leggere

D.O.C: Speranza e “Forme vitali”

“Quello che avviene dentro è troppo veloce, immenso e interconnesso
e alle parole non rimane che limitarsi a tratteggiarne ogni istante
a grandi linee, al massimo una piccolissima parte.”

D. Foster Wallace.

Parlare di Speranza non è che parlare di una delle possibili prese che un essere umano può esercitare sulla realtà: uno dei modi di dare un senso o una direzione al nostro agire, uno sforzo per determinare il presente o il futuro, non tanto nei gesti quanto nell’ideazione: immaginarmi in un certo modo, credere che le cose possano svolgersi secondo un progetto che mi sono messo in testa o a cui ho deciso di aderire e crederci abbastanza per metterci la volontà, l’intenzione e l’attenzione.

Questo, dicevo nell’ultimo post, fatica a fare chi soffre di Disturbo Ossessivo Compulsivo: nel suo procedere sostituisce, prova a sostituire, la certezza alla speranza, tenta di essere sicuro di un evento o di un eventualità, invece di accontentarsi di sperare che così sia.

Con la speranza mi muovo come se, nel caos, potessi aumentare le probabilità di una certa quantità di ordine che mi dia la sensazione di sicurezza, quel tanto di comfort che mi serve per “starci dentro”, per mantenere coscienza e controllo sufficienti a sentirmi padrone della situazione.

Continua a leggere

Disturbo ossessivo compulsivo: quattro chiacchiere mitologiche

” L’uomo è l’animale non ancora stabilizzato”
F. Nietzsche

Più di un paziente mi ha chiesto di parlare del Disturbo Ossessivo Compulsivo.
Alcuni di coloro che me lo hanno chiesto ne soffrivano in forma più o meno grave e lo hanno fatto, quindi, con una certa insistenza, con la dovuta cautela e con i giusti intervalli di tempo fra una richiesta e l’altra e pregandomi di non rispondere subito ma, qualora avessi scritto qualcosa, avvisandoli per tempo in modo che si potessero preparare prima di leggere.

Scherzo, naturalmente, e scherzerò in questo post! Scherzerò su un argomento serio e su cui la correttezza e la serietà sono d’obbligo per chi ne soffre, soprattutto, ma anche per quelli che assistono ai rituali che chi è affetto da DOC (la sigla del disturbo ossessivo compulsivo) mette in pratica.

Continua a leggere