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Risonanza limbica

Dove tu sei, là c’è un posto”
R. M. Rilke

Risonanza limbica è un termine usato raramente in psicologia. Normalmente si preferisce parlare di risonanza empatica o emozionale per definire quella capacità che gli individui (non tutti) sviluppano e che permette loro di mettersi nei panni dell’altro e sentire/intuire ciò che sente.

Anch’io di solito opto per il sostantivo empatia e, con quello, intendo l’atto con cui ci si sintonizza con le emozioni e con il sentire di qualcuno per con-fondersi un po’ con lui, per provare ciò che prova ed approssimare il suo modo di emozionarsi.

Mettere l’accento su “limbico” è un modo per evocare il luogo in cui i processi dell’empatia principalmente avvengono: il sistema limbico, quella parte profonda del cervello che, a spanne e per i nostri scopi circoscritti a questo post, possiamo dire che risponde al mondo distillando le percezioni e aggiungendo una tonalità emotiva, una sorta di risposta preventiva: un primo “mi è affine-lo prendo/che brutto-non lo voglio”.

E’ anche molte altre cose e vi basta andare su Wikipedia per avere un assaggio delle parti che lo compongono e delle svariate funzioni che vi si svolgono anche ora mentre leggete.

Qui mi interessa partire dall’idea di “posto”. Limbico deriva da limbo che in latino significa lembo, margine e che, in origine, era letteralmente un luogo di confine: un posto poco definito ai bordi dell’inferno né brutto né bello, qualcosa come una sala d’attesa in cui si aspetta stando sospesi.

Il confine è una terra di nessuno e se non lo si passa, se si sta troppo a lungo sul bordo, si smette di essere qualcuno/qualcosa di ben definito.

E’ una strana condizione con i suoi pro e i suoi contro. Continua a leggere

Affinità e conflitto: inventarsi

La mente che generalizza sempre si preclude
quelle esperienze che le consentirebbero
di vedere e di sentire in profondità”
W.B.Yeats

Per la sopravvivenza e la sanità mentale degli individui la superiorità in ultima istanza della realtà effettuale sull’immaginario va mantenuta, ma deve essere sapientemente temperata e bilanciata dal principio di irrealtà, dall’apertura all’alterità e ai possibili che contribuiscono peraltro alla definizione e all’interpretazione della ‘realtà stessa’. La salvezza non consiste pertanto nel rifiutare l’esperienza dell’irrealtà, nel cercare di immunizzarsi nei confronti della fantasia e del desiderio. Se è permessa una similitudine, l’ideale sarebbe semmai – come in un pianoforte – quello di poter suonare con la destra, in chiave di violino, la tastiera della fantasia, più lieve e inventiva e, con la sinistra, in chiave di basso, quella della realtà, più grave e continua, che rappresenta il richiamo alla serietà dei condizionamenti.”

Così scrive il filosofo Remo Bodei nel suo ultimo libro Immaginare altre vite, un insieme di saggi sull’identità, sull’immaginazione e sull’illusione di un “unico sé reale”.

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Affinità e conflitto: un’introduzione

… ogni possibile umana redenzione ci richiede
innanzitutto di stare di fronte a ciò che ci spaventa,
a ciò che vogliamo negare”
David Foster Wallace

 

Temiamo al contempo la separazione e la fusione.

La capacità di percepire differenze, di discriminare fra figura e sfondo e di distinguere fra di loro diversi stimoli è ciò che permette all’informazione di… esistere. Non ci sarebbe informazione, infatti, se non vi fosse differenza: qualcosa che distanzia il percettore dal percepito, un quid che permette a chi osserva di cogliere il cambiamento… “lui non è me; questo oggetto non è quell’altro; questa cosa è in movimento… non più la stessa di poco fa, ecc.”.

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