Sogni e preoccupazioni

“Dobbiamo cercare di trattare le preoccupazioni nello stesso modo
in cui trattiamo, senza alcuno sforzo, i sogni: ossia dimenticandole”
Adam Phillips

Un mito Romano, ripreso e reso celebre da Heidegger in Essere e Tempo, racconta che un giorno la Cura camminando in prossimità di un fiume scorse un mucchio di argilla e, quasi automaticamente, cominciò a modellarla ricavandone la figura di un essere umano. Trovandola molto bella chiese a Giove di infondere in essa lo spirito vitale. Giove lo fece ma poi fra i due sorse una disputa su chi avesse dovuto dare un nome alla nuova creatura. Al contendere si aggiunse la Terra che disse che, sì, Cura aveva dato forma al fango e Giove vi aveva infuso l’anima ma era stata lei, madre terra, a fornire tutta la sostanza di cui l’uomo era fatto. Non trovando un accordo interpellarono il dio Saturno perché facesse da arbitro. Questi sentenziò che alla morte dell’uomo Giove si sarebbe ripreso lo spirito e la Terra sarebbe rientrata in possesso del corpo. Ma, finché era in vita, sarebbe stata Cura ad occuparsi di lui. Quanto al nome, visto che era stato modellato dal fango, humus, si sarebbe chiamato Uomo.

La cura è quindi, prima della morte e nel tempo della vita (non a caso tenuto ben presente da Saturno/Cronos), la compagna dell’uomo, colei che se ne occupa lungo il tragitto che lo definisce, appunto, un abitante del tempo.

La preoccupazione è una sorta di sorella patologica della cura: insieme all’inquietudine anticipa il tempo e cerca di curare preventivamente, di pre-vedere e di controllare ciò che potrebbe accadere. Facendolo, cercando di avere controllo su qualcosa che non è ancora successo o che è distante e quindi non gestibile, spesso riempie il presente di ansia senza spostare una virgola nel futuro.

Ho visto pazienti usare tantissima energia psichica nel tentativo di rendere meno inquietante un futuro che immaginavano catastrofico senza rendersi conto della proiezione: quel gesto inconscio che aggiunge caratteristiche e attributi ad uno scenario che è innanzitutto mentale. Per me che osservo dal di fuori sembra ovvio che, mentre lo fanno, sono come in un sogno. Vedo bene quanto il quadro che immaginano sia una costruzione e quanto gran parte delle ansie e degli “eventi” che prevedono siano nient’altro che una messinscena spesso dolorosa e, talvolta, autoavverante.

Le profezie che si autoavverano sono come dei sogni che diventano incubi grazie alla preoccupazione. Una persona comincia a preoccuparsi di qualcosa e… va in sbattimento: comincia a dimenarsi e ad esercitare una presa diversa sugli eventi. Prima su quelli mentali: ciò che immagina che succederà sicuramente, ciò contro cui comincia già a prendere delle contromisure; poi su quelli relazionali: le persone su cui decide di esercitare la propria cura/controllo, le situazioni che vanno assolutamente evitate, i nemici alle porte, le malattie, le catastrofi, ecc.

Siccome “la cosa più facile è dimenticare un sogno e ricordare una preoccupazione” l’antidoto a questo crescendo di ansia è svegliarsi!

Cosa succede alla maggior parte dei sogni appena vi svegliate? E cosa state facendo mentre vi preoccupate? Quale è il tipo di attenzione che differenzia un sogno sfuggente da una preoccupazione appiccicosa? Perché se in un sogno cominciate a preoccuparvi troppo vi svegliate di soprassalto mentre quando siete immersi in una preoccupazione non vi rendete conto della costruzione dell’incubo che state perpetrando?

Un modo per rispondere è quello di pensare a degli Io diversi. C’è una differenza fra l’Io-sognante e l’Io-che-si-preoccupa. È una differenza che può essere spiegata in termini fisici/neurologici (e ci dedicherò un post) o, soggettivamente, in termini più empirici. Voi che differenza vedete fra il sognatore e il preoccupato? Quale fra i due è rigido e presuntuoso e quale leggero e aperto? Come vi trattate quando vi state preoccupando e cosa fate (non fate) durante un sogno?

Sono domande facili a cui ognuno di noi sa rispondere almeno un po’. Come se vi chiedessi come si fa ad andare in bici. Sono modi diversi di prendersi, gesti abituali più o meno consci, più o meno automatici, su cui si può riflettere e meditare. Ascoltate il vostro respiro la prossima volta che vi preoccupate. Provate a pensare perchè, se nel pieno di una preoccupazione, succede qualcosa che vi sveglia portandovi alla realtà, qualcosa di davvero consistente, la preoccupazione svanisce come un sogno.

Simone Weil diceva che “ogni volta che si presta veramente attenzione si distrugge un po’ di male in se stessi”. Capita che svegliandosi da una preoccupazione ci si accorga che si stava dormendoci dentro. L’ansia svanisce e l’attenzione ha distrutto un po’ di male. Rimane la Cura ma quella può fare molte buone cose.

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