
Attilio Mussino – Il sonno, i sogni, 1905
“Gli uomini non fanno mai il male
così completamente ed entusiasticamente
come quando lo fanno per convinzione religiosa”
Umberto Eco
Il concetto di attacco al legame sarà oggetto di alcuni miei post in futuro ma siccome ciò che scrivo oggi è più una risposta emotiva ad eventi recenti non mi dilungherò in definizioni complesse.
Ho solo bisogno di spiegare un meccanismo che tutti possiamo riconoscere visto che nessuno ne è esente: a volte attacchiamo ciò che nell’altro ci sembra estraneo e inquietante, ci scagliamo contro quegli atteggiamenti che mettono in discussione ciò che vorremmo restasse fermo e, nel tentativo di fermare un cambiamento che ci angoscia, combattiamo coloro che lo propugnano.
Si potrebbe dire, parafrasando alcuni illustri psicoanalisti, che se l’amore è quella forza che ci spinge a costruire legami e ad alimentare rapporti che riteniamo piacevoli, nutritivi e belli, l’odio è, invece, ciò che fa il lavoro opposto portandoci a disfare relazioni che ci sembrano sgradevoli, pericolose, brutte.
L’odio, un po’ di odio, è utile a volte! Serve ad emanciparsi da certi rapporti e a svezzare. Senza un po’ di odio verso i nostri genitori non faremmo quello che ogni adolescente deve fare, non cominceremmo a pensare con la nostra testa, non ce ne andremmo mai dal nido, resteremmo, insomma, sempre legati ad un vincolo che, per crescere, va sciolto. Non è sempre tragico, quindi, sputare nel piatto in cui si è mangiato o “srazzare”: allontanarsi dal solito, vederla in un altro modo detestando, se necessario, ciò a cui ci era tranquillamente attenuti. Chi non l’ha fatto?
Ma c’è chi non si ricorda affatto del proprio odio! Ci sono persone che si specializzano nella difesa di certi legami e che si occupano con metodo ad attaccare tutto ciò che sembra mettere in discussione lo status quo: quella lunga lista di legami accettati e accettabili che definisce la norma e stabilisce il “comune sentire”.
Molti di costoro sono stati impegnati negli ultimi tempi a dibattere aspramente sulle unioni gay, sui diritti delle coppie omosessuali e sulla stepchild adoption (termine terribile che, dicono, andrebbe tradotto perché gli italiani normali non lo capiscono tutto questo inglese).
Osservandoli ho potuto assistere alla forma più pericolosa di attacco al legame: quella di chi ascoltando la propria pancia considera semplicemente disgustoso ciò che non ha mai assaggiato e si impegna a stabilire una regola che lo vieti a chiunque altro, un divieto che separi con chiarezza i normali dai diversi e i giusti dai peccatori.
Le frecce per il loro arco sono le solite: la legge morale, la natura, la tradizione.
Stabiliscono l’amore di serie A e quello di serie B, quello in cui la fedeltà è possibile e prescrivibile e quello che non può che essere promiscuo; decidono che i figli sono di chi ci mette il DNA e che se il patrimonio genetico non è di entrambi e se le immagini non sono spaiate, se il nascituro non vedrà un uomo e una donna, non potrà crescere bene.
E decidono tutto questo perché… lo sanno! C’è in loro così poco dubbio sulla giustezza dei loro di legami, che diventa facile attaccare quelli che non assomigliano.
Non notano le somiglianze perché sono immemori e lo sono perché odiano.
La spiegherò bene quest’ultima. Ma, per oggi vi lascio con una poesia, secondo me bellissima, sull’odio. Dovrebbero leggerla soprattutto coloro che sanno con chiarezza cosa è bene e cosa è male. Ma leggetevela voi ché loro me li sono persi per strada.
L’odio
Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza.
Religione o non religione –
purché ci si inginocchi per il via,
Patria o no-
purché si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all’inizio.
Poi corre tutto solo.
L’odio. L’odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.
Oh, quegli altri sentimenti –
malaticci e fiacchi!
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
arrivata per prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.
Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?
Diciamoci la verità:
sa creare bellezza
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera
Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l’umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.
È un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro.
– lui solo.
Wislawa Szymborska
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