“La prima di tutte le astuzie, sempre, sta nel velarsi.
Coprirsi il capo senza che questo sia un camuffamento…
Nessuna menzogna ma una falsità che racconta il vero”
M.Nucci
Parlerò, in questo post, di una capacità e di un antidoto. Due cose, racchiuse in un unico “farmaco” di cui, credo, occorra essere ben forniti e che tornano utili, di questi tempi; e che tento di stimolare, in seduta, come rimedi naturali: forze che sono già lì, nell’inconscio, e che, quando si attivano o quando vengono amplificate, cambiano un bel po’ di cose nel modo di fare e di pensare di chi può usarle.
Parlerò di prudenza e astuzia. E siccome sono due termini diventati ambigui e verso i quali scattano facilmente delle resistenze e, siccome ne parlerò come di due caratteristiche prevalentemente “femminili”, prendo un giro largo che passa dalle immagini della mitologia e da alcune metafore che, più che definire, richiamano idee e concetti, che sia con la capacità che con l’antidoto, hanno a che fare.
Nella terza delle sue Lezioni Americane Italo Calvino, parlando dell’Esattezza e dello sforzo che a volte gli capitava di compiere nell’accingersi a scrivere su un certo argomento, dice: “Alle volte cerco di concentrarmi sulla storia che vorrei scrivere e m’accorgo che quello che m’interessa è un’altra cosa, ossia, non una cosa precisa ma tutto ciò che resta escluso dalla cosa che dovrei scrivere; il rapporto tra quell’argomento determinato e tutte le sue possibili varianti e alternative, tutti gli avvenimenti che il tempo e lo spazio possono contenere. E’ un’ossessione divorante, distruggitrice, che basta a bloccarmi. Per combatterla, cerco di limitare il campo di quel che devo dire, poi a dividerlo in campi ancor più limitati, poi a suddividerli ancora, e così via. E allora mi prende un’altra vertigine, quella del dettaglio del dettaglio del dettaglio, vengo risucchiato dall’infinitesimo, dall’infinitamente piccolo, come prima mi disperdevo nell’infinitamente vasto.”
Naturalmente Calvino, vista la sua produzione letteraria, ha trovato degli ottimi modi per aggirare l’ostacolo e per non perdersi in nessuna delle due vertigini: né in quella del troppo grande, né in quella dell’incredibilmente piccolo.
Questa capacità di circoscrivere e di non entrare fino ad essere risucchiati nei dettagli, questo buon uso della misura che permette di dosare ciò che verrà detto e di filtrare ciò che, di un contesto, si coglie, corrisponde ad un tipo particolare di intelligenza: un modo di distinguere fra segnale e rumore; prendere o far passare certe cose, trattenerne/ritenerne altre che, magari, in quel momento vanno ignorate o velate o contenute ancora per un po’.
E’ una forma di prudenza più che di pudore, più una dote diplomatica associata all’astuzia e al tatto che una “virtù morale”. I greci la chiamavano Metis riferendola alla dea della prudenza e della perfidia, Metis, appunto.
Metis era un’oceanina, figlia del titano Oceano e della Titanide Teti ed è presente, come è naturale che sia per la personificazione della strategia, della prudenza e della saggezza, in molti dei miti sull’Origine e sulle vicessitudini degli dei, degli eroi e degli uomini.
Serve per spiegare una tendenza, una risorsa e una capacità presente o coltivabile in ognuno di noi e, come sempre nella mitologia, circoscrive, personificandolo, un tratto: quasi una postura, un modo di porsi e di vedere.
E’ femminile, Metis! E anche se è presente, come caratteristica distintiva, in alcuni degli eroi maschi di cui i poeti hanno cantato, rimane una divinità poco maschile: più acqua che ferro, più pervasiva che penetrante, più tenace e paziente che forte e prepotente.
Si dice che la stirpe umana fu plasmata da un impasto di terra e lacrime. “Fu Prometeo a piangere sulla terra, impastarla di lacrime e formare i primi uomini. Fu Prometeo che poi avrebbe dato agli uomini il fuoco e per questo sarebbe stato condannato da Zeus a scontare una tragica pena, appeso alle rocce caucasiche con un’aquila che ne divorava il fegato. Molto prima di tutto questo, però, Prometeo compì un altro gesto. Assieme a Efesto spaccò la testa di Zeus per farne uscire la dea che era pronta a nascere: Atena. […] Atena era figlia di Metis che, ingravidata da Zeus, era stata da Zeus divorata. Ma chi era Metis? E perché Zeus l’aveva sbranata dopo averla messa incinta? Metis è una di quelle divinità su cui noi moderni non dovremmo stancarci di riflettere. […] Si tratta dell’Intelligenza Astuta, o meglio: l’Astuzia dell’Intelligenza. Metis è la capacità intellettuale di superare gli ostacoli, aggirandoli.” (M.Nucci Le lacrime degli eroi)
Divorando l’Astuzia, Zeus, da bravo maschio, cerca di mettersi al riparo dalla sua influenza e, al contempo, di impossessarsene. Cerca di evitare ciò che Metis l’aveva già aiutato a compiere: un’altra rivoluzione come quella con cui lui, con il di lei aiuto, era riuscito a detronizzare il padre Crono. La mette incinta e poi la mangia e, facendolo, rimane a sua volta gravido di una figlia che, estratta dalla sua testa con l’aiuto di un titano e di un abile artigiano, Efesto, si manifesterà come Atena: una dea scaltra, prudente, intelligente e “politica”.
Come il suo animale simbolo, la civetta, Atena vede nel buio: scorge prima, intuisce, come se già sapesse sa dosare le parole e la forza. E’ forte, lucida e pronta a difendere chi ama . Ulisse, il più illustre dei suoi protetti, possiede le sue doti: “La capacità polimorfa, seducente, femminile astuta e fluida di Atena figlia di Metis è la stessa capacità suprema dell’eroe favorito di Atena, Odisseo.” (M.Nucci Le lacrime degli eroi)
Un uomo o una donna (e per la donna è più naturale) che possiedano questa versatilità sono al riparo da una serie di errori e protetti da una quantità di sintomi.
Non si perdono in vuote chiacchiere, considerano con cura l’interlocutore e il messaggio e, come Ulisse, stanno attenti a cosa passa. Cosa voglio comunicare e a quali orecchie? Cosa arriverà del mio segnale? Filtrano ciò che arriva e colgono il succo. Sanno velarsi e uscire allo scoperto quando serve, quando ha senso. Conoscono il valore della maschera. Cosa voglio nascondere e cosa, invece, far vedere/evidenziare/rendere davvero incisivo? Hanno un buon antidoto contro la propria isteria e contro quella degli altri: capiscono quando l’emozione è sovrabbondante e, spesso, riescono ad astenersi e a modularla.
Sia chiaro: nessuno di noi è così! Possiamo, tuttavia, accettare la seduzione di Metis. Pensare più a lungo, riflettere sul discorso e sulla relazione, osservare le forze in gioco. Diventare fluidi.