Un po’ di surf sul silenzio

Riflettere e riflettersi, pensare ad un oggetto, a un progetto o ad una serie di azioni che ci portino verso un obiettivo che ci siamo prefissati. Sono gesti quasi inconsapevoli che ognuno di noi compie quotidianamente. Potremmo immaginare una sorta di lavagna mentale: qualcosa su cui abbozziamo l’idea di ciò che vorremmo esprimere e, sia che si tratti di una tesi di laurea o di un nuovo piatto da cucinare, ogni volta che ci apprestiamo a creare qualcosa, una sorta di pubblico interno inizia ad avanzare le proprie richieste.

Surf

Queste richieste funzionano come delle aspettative e, restando nella metafora della lavagna, determinano dei solchi: dei punti in cui sentiamo di voler scrivere per soddisfare la domanda di chi, dall’altra parte, leggerà, assaggerà, consumerà “l’opera della nostra coscienza”.

Come se dovessimo, prima di tutto, soddisfare un pubblico, iniziamo ad ascoltare questo interlocutore interno. E, facendolo, spesso perdiamo di vista noi stessi.

Dice Sep Kamvar: “Negli ultimi anni si è vista una considerevole tendenza fra i designer verso un design orientato al consumatore. Come tutte le metodologie anche questa e’ utile fino ad un certo punto. Il design incentrato sul consumatore funziona bene se devi progettare un nuovo tostapane. Ma se devi progettare, diciamo, il World Wide Web, funziona molto meno bene. Infatti se nel 1989 avessimo chiesto alle persone di cosa avevano bisogno per migliorare le loro vite, difficilmente avrebbero risposto che gli serviva un network decentralizzato di nodi d’informazione collegati fra di loro usando un ipertesto. Il pericolo nell’uso del design orientato al consumatore è che libera il designer dalla responsabilità di avere una visione del mondo. Perché averla quando si può chiedere ai consumatori che cosa vogliono? Ma questa è una mentalità molto limitante: il consumatore vede il mondo così come è mentre il nostro lavoro come costruttori dovrebbe essere quello di creare il mondo come potrebbe essere.”

L’interlocutore interno di cui parlo è molto simile al consumatore a cui Kamvar si riferisce. Ascoltarlo significa tenere presente la “realtà”: se so che un mio ospite detesta i piatti piccanti non sarebbe una scelta particolarmente intelligente quella di cucinare piatti pieni di peperoncino.

Tuttavia quello che spesso succede quando “nella nostra testa” iniziamo un progetto è una sorta di obnubilamento dell’inventiva a favore di quello che pensano gli altri. E’ uno sparire sullo sfondo: un abdicare alle richieste di un “altro” che, in più, molte volte non è affatto “reale”.

Come continua Kamvar: “C’è un altro motivo per cui è meglio evitare di fare riferimento ai consumatori per concepire i propri strumenti: gli strumenti più eleganti sono quelli il cui scopo è armonico con lo scopo del costruttore. Quindi la chiave per creare le tecnologie migliori è, innanzitutto, quella di trovare il tuo scopo e non lo troverai facendo un sondaggio fra i consumatori. Sarebbe meglio passare del tempo in posti che ti aiutino a riflettere su te stesso. I migliori surfisti che conosco sembrano avere la percezione di dove sarà esattamente la prossima onda. Creano uno stile per il loro modo di fare surf e per le loro vite che sembra provenire direttamente dall’acqua. E ci sono artisti che ammiro che se ne stanno tranquilli per molto tempo e poi se ne vengono fuori con qualcosa di bello come se la bellezza venisse da una loro relazione con il silenzio.”

Il silenzio favorisce l’ispirazione e, pur concordando con Edison che diceva che “Il genio è 1% ispirazione e 99% traspirazione”, posso dire che, anche in terapia, solo nel momento in cui il paziente impara a metter a tacere il chiacchiericcio interno, solo quando capisce che buona parte delle “richieste che sente” sono vincoli che possono essere messi in discussione… solo in quel momento inizia a sbloccare quelle risorse che rigenerano la sua mente e ridanno voce alla sua volontà e alla sua libertà di scelta.

In quel silenzio diventa più semplice riflettere e più piacevole pensare.

One thought on “Un po’ di surf sul silenzio

  1. Rita

    E’ proprio così Mauro. Il design, l’architettura e l’arte senza dietro una visione cessano di avere significato e diventano decorazioni o esercizi di stile più o meno riusciti. Solo attraverso un’idea (un messaggio) ed attraverso la tecnica ed i materiali si può creare bellezza. Speriamo che i consumatori siano bravi consumatori allora!

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