In una riflessione sullo scopo dell’educazione il filosofo e linguista Noam Chomsky parlando del bisogno di diventare consapevoli del punto di vista che stiamo adottando quando studiamo un argomento o ricerchiamo informazioni, dice:
“Non si può intraprendere alcun tipo di ricerca senza una cornice di riferimento relativamente chiara, che ci orienti e aiuti nella selezione delle informazioni, che ci permetta di distinguere tra ciò che è rilevante e ciò che non lo è, cosa merita di essere indagato e approfondito, e cosa, invece, è meglio scartare.
Non ci si può aspettare che qualcuno arrivi ad essere biologo, solo aprendogli l’accesso alla biblioteca di biologia dell’Università di Harvard, dicendogli “ecco, leggi”; si tratterebbe di qualcosa di assolutamente insensato. E lo stesso vale per l’accesso a internet: se non abbiamo chiaro quello che stiamo cercando, cosa è rilevante e cosa no, se non siamo disposti a mettere in discussione le nostre opinioni, allora navigare in internet diventa solo la scelta casuale di fatti inutili che non possono essere oggetto di verifica.
Quindi l’uso della tecnologia contemporanea, come internet, i sistemi di comunicazione, di grafica o qualsiasi altra cosa, se non ha alle spalle un percorso concettuale ben definito e solido, è poco probabile che risulti utile, e, anzi, potrebbe perfino rivelarsi dannoso. Se si raccolgono fatti incerti, un po’ qua, un po’ là, e li si rafforza, finiamo con uno scenario che presenta sì alcune basi oggettive, ma che di fatto non rispecchia la realtà. Bisogna saper valutare e interpretare, per capire.
Tornando all’esempio della biologia, il premio Nobel non lo vince chi legge più articoli o prende più appunti, ma la persona che sa cosa sta cercando. Coltivare questa capacità di indagare, di chiedersi cos’è rilevante senza smettere di mettersi in discussione, questa è l’istruzione. Che sia usando computer e internet o matite, fogli e libri, questo è irrilevante.”
Non conoscere la cornice nella quale circoscriviamo le nostre domande e non interrogarci su quali sistemi di riferimento ci abbiano portato a dare certe risposte (spesso stereotipate) dettate proprio dall’ottica in cui siamo cresciuti, ci rende rigidi. Il rischio è quello di guardare sempre dalla stessa parte e di descrivere il mondo sempre nello stesso modo.
A volte l’attenzione ha bisogno di essere scompaginata, certe cornici vanno rotte e cambiate e “Solo se siamo disposti a sentirci confusi possiamo imparare. Quando non lo siamo e ci limitiamo a ricalcare ciò che ci è stato detto, diventiamo la replica della mente di qualcun’ altro.”