Forme Vitali e… ciò in cui sono immerse

“La libertà di essere tutti sovrani dei nostri minuscoli
regni 
formato cranio, soli al centro del creato”
D.Foster Wallace

Questo post è a suo agio nella categoria pandemonio. È infatti un ibrido, anche nel senso etimologico del termine. Hybris, da cui ibrido deriva, sta per forza tracotante, atto di sfida e di arroganza, qualcosa che ha la pretesa di essere nuovo e che non dovrebbe stare al mondo ma, “creato dall’uomo” con un gesto di auto determinismo e di forza, esiste come esistono certi animali mitici frutto di incroci impossibili e forzati.

La sua tracotanza sta nella pretesa di mettere l’accento su cose che tutti sanno e di presentare il banale come qualcosa su cui riflettere profondamente…. e di pensare che la riflessione profonda possa cambiare qualcosa, renderci diversi, un po’ meno troppo umani.

Inizio, presuntuosamente, con una storiella che David Foster Wallace raccontò nel 2005, all’inizio del suo discorso ai laureandi del Kenyon College.
“Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce più anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: ‘Salve, ragazzi, com’è l’acqua?’ I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: ‘Che cavolo è l’acqua?’ “.

Wallace prosegue e trae, a partire dalla metafora, una serie di conclusioni che mi trovano così d’accordo che, se continuassi sulla stessa linea, questo post non sarebbe che un copia e incolla del suo discorso. (Potete trovarlo nella raccolta di racconti “Questa è l’acqua” pubblicato in Italia da Einaudi)
Prendo, invece, una strada collaterale che mette insieme una delle mie passioni, la constatazione che ogni pensiero è pensato e vissuto in un corpo, con l’altra banalità che dice che lo sfondo in cui i pensieri sono pensati, le emozioni vissute e i sentimenti sentiti è una co-creazione: qualcosa che si costruisce con il contributo di altri e che, come l’acqua per i pesci, tende ad essere dato per scontato e, da bravo sfondo…. si perde nello sfondo.

Non sono cose che non sappiamo. Sono cose di cui continuamente ci dimentichiamo!

E, da una parte, il dimenticarcene è comodo e funzionale: non occorre che stia attento a come parlo, a come cammino o a come guido; una volta che ho imparato posso andare in automatico e contare su una capacità “insita nel mio corpo” che, una volta che ha appreso un gesto o una sequenza di azioni, svolge, come un bravo soldato, gran parte del lavoro: posso intervenire solo quando serve e diventa rilassante pensare mentre cammino, lasciare che i pensieri prendano voce senza dover stare attento a come articolo i suoni, ecc.

Poter andare in automatico è, insomma, molto spesso, un grande vantaggio e fa sì che i due pesci giovani della storiella possano procedere spensierati sbattendosene di “come è l’acqua”.

Le forme vitali sono modi in cui possiamo modulare la nostra vitalità, stati di attivazione del corpo-mente, stili di nuoto, di cammino, di eloquio, di sintonizzazione con l’altro… modi in cui determino il mio avvicinarmi o tenermi a debita distanza, andarmene, fingere di essere lì, stare e non stare… centinaia di possibili combinazioni del mio sentire, agire, interagire…
Il senso di vitalità permea tutta la nostra esperienza: possiamo svolgere un’azione o una serie di azioni in molti “modi soggettivi” diversi: possiamo sentirci fiacchi, pieni di forza, forzati, reticenti, distaccati… mentre compiamo “lo stesso gesto”.

E “Le forme dinamiche vitali comprendono non solo atti corporei, bensì anche movimenti mentali…. Mentre pensiamo a qualcosa o proviamo una certa emozione o sensazione, l’esperienza mentale non è ferma. Dal punto di vista soggettivo, un pensiero può irrompere sulla scena mentale ed espandersi, o può affiorare silenziosamente e altrettanto silenziosamente svanire.” (D.N.Stern).

Quello che sfugge è che ci sono volte in cui adottare modalità predefinite smette di essere una comoda soluzione e diventa Il Problema.

Dimentichiamo, innanzitutto, che noi determiniamo, insieme alla qualità delle nostre azioni, anche la qualità del nostro ambiente interno, determiniamo cioè, per restare nella metafora, non solo il nostro modo di nuotare ma, anche l’acqua in cui stiamo nuotando.
E, siccome non siamo soli, il nostro mood, il modo in cui moduliamo la nostra energia, la faccia che facciamo o “che ci viene”, influenzano in una certa misura anche il sentire dei pesci che nuotano con noi.

Lo sfondo, poi, influenza le figure e le figure, a loro volta, influenzano lo sfondo… provate a guidare a Milano nell’ora di punta o ricordate una qualsiasi volta in cui eravate di buon umore e dopo un po’ avete deciso che la serata era rovinata o che vi sentivate come un pesce fuor d’acqua, per avere un esempio di quanto, continuamente, i pensieri determinano il corpo-il corpo determina i pensieri-che determinano la percezione dell’ambiente-che determina l’ambiente-che determina i pensieri…..

Sono cose che “tutti sanno” e che se ne stanno nascoste in bella vista.

Dimenticarsene è stato utile, a volte; ricordarsene e diventarne consapevoli è fondamentale per innescare almeno alcune delle domande che possono portarci fuori dalla nevrosi delle modalità predefinite e dentro ad una maggiore coscienza della nostra volontà e dei suoi possibili usi.

Possiamo chiederci Com’è l’acqua? Che ambiente interno mi sto imponendo? Quanto il modo in cui penso crea la condizione in cui mi sento, il mio umore? Che mondo creo intorno a me? Quanta solitudine o vicinanza comunico? Quanta consapevolezza promuovo?

Pesci

5 thoughts on “Forme Vitali e… ciò in cui sono immerse

  1. Rita

    Sto lavorando proprio dentro di me su queste cose!
    Il Problema è che mi faccio a pezzettini e provo a ricomporre il quadro in maniera accettabile, in modo che poi lo sfondo, gli altri pesci, l’ambiente etc diventino più vivibili e sereni. Però vado a tentoni e sono troppo lenta e sbaglio, continuamente, e sono costretta a rispezzettare tutto e provare in un altro modo. Vorrei arrivare al punto che, almeno, le mie abitudini mentali e comportamentali non mi creino problemi e che si costruisca un bello sfondo pacifico dove non devo sempre sempre sempre ritornare indietro e ridisegnare tutto quanto.
    Non esiste un manuale di istruzioni?

    Reply
    1. drdedalo

      Ciao!
      Se vuoi puoi cominciare a guardare un video che riporta quasi tutto il discorso di Wallace(http://dotsub.com/view/6b8cc93f-3b53-486b-a1ce-025ffe6c9c52).
      Naturalmente non c’è un manuale che ci accompagni in una sicura via d’uscita. 🙂
      Ma so che lo sai: è un lungo lavoro di introspezione e di consapevolezza.
      Personalmente concordo con Wallace sul fatto che sia IL lavoro. Avremo occasione di tornare sull’argomento.
      A presto! Drdedalo 🙂

      Reply
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