La soglia: alcune “libere associazioni”

“I confini dell’anima sono incerti,
e il locus del lavoro psicologico non può
mai essere soltanto te o me: ma entrambi”
James Hillman

In un post sulla soglia di qualche tempo fa parlavo di quanto “la soglia” fosse più un evento psichico che un luogo fisico. Non intendevo, naturalmente, dire che non ci siano luoghi fisici di passaggio: porte, portoni, corridoi, scale, ingressi e uscite per abili e disabili, passaggi da un luogo all’altro, più o meno ben sorvegliati. Intendevo però sottolineare l’idea che ogni evento è vissuto da un osservatore ed è l’osservatore che ha o non ha consapevolezza del passaggio nel quale si trova.

In questo post andrò avanti a riflettere sul concetto di soglia e lo farò in termini psicologici e con un metodo più simile a quello che usano i miei pazienti in seduta che a quello che userebbe un sociologo o un filosofo… userò, insomma, più le libere associazioni e un modo circolare e ricorsivo che serve per procedere così come procede la psiche quando la si lascia andare.
Lo faccio perché ritengo sia utile, a volte, affrontare in termini meno pedagogici certi argomenti, specie quando non si sa bene dove si andrà a finire, quando non c’è una tesi specifica da dimostrare e si è consapevoli di essere a propria volta su una soglia proprio nel momento in cui di soglia si sente il bisogno di parlare.

Procedere con le libere associazioni lascia spazio all’inconscio e toglie punteggiatura: lascia che il giudizio, sospeso, smetta di interferire con ciò che sgorga da dentro e con ciò che si costella a partire da stimoli che si sono colti, spunti che sollecitano risposte, domande che si ripropongono insistentemente anche se si sa che non troveranno facile risposta (o forse proprio per quello).

Parto dagli stimoli, quindi: dagli eventi e dalle parole che mi hanno spinto a scrivere ancora una volta della soglia.
L’evento è un fatto di cronaca: l’uomo che spara fuori dal palazzo del potere mentre i neo- ministri sono dentro a giurare “nelle mani del capo dello stato”… un grande vecchio: figura perfetta (e moderna, a suo modo) per incarnare il Senex, l’archetipo del vecchio Saturno che ne ha viste di tutti i colori e che è il più titolato per raccogliere giuramenti e per mediare fra forze che faticano ad equilibrarsi.

Certo che qui c’è una soglia, un luogo strano e profondamente psichico: un dentro e un fuori che più diversi non potrebbero essere… e come ogni soglia ha i suoi bravi guardiani che osservano e fanno osservare la regola sacrosanta per cui chi è fuori non può varcare a meno che non sia uno che può entrare.

E si tagliano un bel po’ di domande sul perché l’ha fatto, di sparare ai guardiani, e di chi è la colpa, se sua o “della società, della crisi, della disoccupazione, del precariato, della depressione”, se si fa quella che Hillman definisce la domanda psicologica per eccellenza: non Come?, Perché?, Per colpa di chi?; ma… Dove? dov’era, psicologicamente, quest’uomo che ha sparato e che due giorni dopo ha cominciato a chiedere scusa? e che ha chiesto ai guardiani perché non l’avessero ucciso o non ci avessero almeno, a loro volta, provato?(Sono stati ben bravi a non sparare, ha detto nei giorni seguenti un mio paziente… più medici e infermieri che soldati… bravi, davvero! poco “americani”, molto italiani nel senso bello della parola).

“Dove?” è la domanda psicologica per eccellenza, dicevo, in una delle mie prime cronache, e lo dicevo, citando Hillman… uno che che era già un Senex a trent’anni pur essendo a suo modo un enfant prodige della psicologia del profondo. “Dove?” perché noi esseri umani non prescindiamo mai da un contesto, da uno scenario.
Qual era lo scenario che aveva in testa quell’essere umano che ha sparato… è inutile che, adesso, usiamo il cognome come se parlassimo di uno che adesso si sa chi è
Non sappiamo niente di lui, non sappiamo cosa avesse in testa e… saltiamo alle conclusioni.

C’è chi e già sicuro che è colpa della crisi e che lui è una vittima che si è trasformata in aguzzino, uno che invece di sparare a se stesso ha rivolto l’arma contro il simbolo del potere.
Credo che sia utile, invece, (o forse è solo deformazione professionale, ma “ci sta” in questo flusso di libere associazioni ) chiedersi: Dov’era quest’uomo?… Qual era il confine fra la sua responsabilità personale e i motivi che l’hanno spinto?
Non possiamo togliergli la responsabilità personale senza portargli via l’umanità… finché non si sarà stabilito che non è o non era in grado di intendere e volere non si potrà semplificare dicendo che era disperato, disoccupato, separato, squattrinato…. Credo che dovremmo considerare la soglia: Davanti a quale bivio si è trovato? In quale abisso ha guardato? E, quindi, Cosa vedeva? Dov’era? Sulla punta di quale iceberg?.

Mi rendo conto di quanto le cose si complichino rispetto a una serie di risposte che vengono spontanee,che sono molto “di pancia” e che lasciano spazio all’emotività e alla reazione e alla “naturale indignazione” e “presa di distanza” e “condanna”… Ma la riflessione psicologica su un evento non può e non deve (non dovrebbe) prescindere dal Dove?, Su quale soglia?

Applicatelo a voi stessi: cosa state leggendo e cosa avete in testa in questo momento? Quali scenari sono lì, sullo sfondo, facilmente o abbastanza agevolmente raggiungibili? Quali sono consapevoli, quali no? Quali possono essere facilmente portati alla coscienza?
Divento pedagogico… lo so: fa talmente parte del mio lavoro l’insistere sullo psicologizzare che cado facilmente in un “discorso sul metodo”.
Ma… Dove siamo? Su internet, Nella Rete, anche quelli che dicono di detestarla e che in questo momento, se stanno leggendo queste righe, sono qui! Qui.. Dove?

Leggevo oggi, a partire da uno scambio su Twitter che ha attirato la mia attenzione, che si può (e ha senso) interrogarsi su quale quale forma geometrica avrebbe la rete. E c’è chi diceva, giustamente, che rete non è solo ciò che appare, di volta in volta, sul computer, o in televisione o “nell’interfaccia sempre più presente fra computer-televisione-telefono-gruppi sociali-menti-psiche-corpo-cervello…”.

Soglie e soglie che si intersecano con altre soglie: soglie di attenzione, sfondi dei quali siamo e non siamo consapevoli, soglie su cui si incontrano due, tre, dieci, mille persone che guardano nella stessa direzione, si guardano l’una con l’altra… scrutano, colgono in piena luce o con la coda dell’occhio… una struttura che connette e che cambia forma e che in-forma continuamente. Hillman la vedeva come il risultato di un hermes-mercurio sempre più imperversante: il dio della comunicazione e dell’informazione che non varca mai la soglia, consegna messaggi senza conoscerne il contenuto, fa della velocità la propria forma.
Qui, siamo, ma “Che qui è?”

E cosa c’entra con un uomo che spara fuori dal palazzo del potere? Domanda sciocca… siamo in un’enorme flusso di libere associazioni… tutto è connesso con tutto; vedete voi cosa c’entra: Dov’è successo?, Dove sta succedendo?

E questo mi porta all’altro movente di questa piccola catena di libere associazioni: una paziente che mi chiede quando finirò di insistere sulla necessità di stare “senza memoria e senza desiderio”. Ma… è finita l’ora… alla prossima settimana.

Mercurio

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