“Mi piacerebbe avere capacità extrasensoriali?
Sinceramente mi sembra già difficile
gestire i cinque sensi”
C.Murphy
C’è un passaggio nella storia di Amore e Psiche in cui la giovane moglie di Eros è costretta da Afrodite ad affrontare l’impossibile compito di separare, in poco tempo, all’interno di un enorme mucchio confuso, un insieme di sementi che la suocera gelosa ha mischiato fra di loro.
Psiche rimane atterrita di fronte alla difficoltà dell’impresa e si dà per vinta ancora prima di iniziare. Solo l’intervento provvidenziale di un esercito di formiche le permetterà di completare l’opera in tempo e superare una delle sfide che rappresentano i passi obbligati della sua evoluzione.
E’ un lavoro che implica la capacità di riconoscere differenze e similitudini e di intervenire per mettere ordine in una confusione. Inoltre, su un piano più profondo che prende in considerazione non solo il risultato esterno (la consegna di chi vuole che il compito venga svolto) ma anche la trasformazione di chi il lavoro lo fa, questa prova rappresenta un esercizio fondamentale che la mente svolge per stare nel mondo.
Infatti non si darebbe mente e, dal punto di vista soggettivo, non ci sarebbe mondo, se una continua attenzione non lavorasse incessantemente per “modulare il flusso dell’energia e dell’informazione” (Siegel).
Siamo costantemente impegnati nella prova di riconoscere differenze e similitudini; costantemente intenti a separare noi dal mondo e il mondo da noi, riconoscendo quali stimoli sono trascurabili e quali salienti momento per momento e quali oggetti possiamo ritenere innocui o neutri e quali altri sono pericolosi o appetibili.
I semi della metafora sono oggetti del mondo esterno ed interno e fanno parte di quel continuo pandemonio in cui, fortunatamente, non dobbiamo mettere noi ordine. C’è qualcosa che, come le formiche del mito, aiuta Psiche a fare un lavoro che, altrimenti, sarebbe improbo.
Filtri dell’attenzione che escludono parti di mondo mentre ci concentriamo su altre; barriere che come setacci smistano gli stimoli e le informazioni che arrivano o che ci procuriamo; sensori che ci tengono al corrente delle piccole o grandi risposte emotive che diamo alle cose e… molto altro.
La mente modula il flusso dell’energia: determina quanta forza debba essere applicata, quanta resistenza, quanta emozione, sentimento, affinità provo per una persona, un gruppo, un contesto, un evento. E modula il flusso dell’informazione: cosa conta e cosa no in questo momento, nel passato, per il futuro; di cosa devo andare a caccia e cosa devo raccogliere; cosa posso trattenere, custodire, lasciar andare…
E naturalmente questi non sono che cenni ed esemplificazioni di tutto ciò che viene svolto quasi completamente sotto al livello di coscienza, non da Psiche che resterebbe interdetta di fronte alla mole di lavoro, ma dall’esercito di formiche che freneticamente svolgono micro compiti che culminano in una integrazione che rappresenta quella danza di parti interagenti che Bateson chiamò Struttura che connette.
Questo processo sotterraneo può essere scorto, intuito e colto soggettivamente da quell’Io a cui ho accennato in uno degli ultimi post e di cui chi fa il mio lavoro parla e sente parlare continuamente.
Ed è un buon esercizio meditare, ogni tanto, su questa modulazione che apre e chiude al mondo erigendo confini più o meno rigidi e stabilendo delle soglie che, spesso senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, invitano, accolgono, limitano o escludono intere porzioni di realtà.
Guardate questo breve trailer, cogliendo quelle immagini che mostrano, in un modo secondo me molto bello, come l’energia del corpo possa essere modulata ed espressa in forme che esprimono…
Tutto questo vicino alla coscienza ma anche sotto e “di fianco” ad essa.
E con una maestria che, nell’arte, è frutto di esercizio, applicazione, estro, capacità “innate” e, nella vita, nelle relazioni, il prodotto di un processo che danza per noi il nostro esserci.
Grazie DrDedalo, lei ha capacità non comuni – per cultura, “fame” di essenza e di bellezza – indurre chi la legge a imparare a danzare nelle proprie profondità.
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