“Amore non è guardarsi negli occhi;
è guardare insieme nella stessa direzione”
A.de Saint-Exupery
L’idea di questo post è nata in me dopo aver visto una brutta fotografia. Vi si ritrae il settantenne re di Spagna in posa davanti al trofeo di un elefante appena abbattuto. E’ una foto che ha fatto il giro del web ed è anche stata pubblicata sui giornali.
La mia prima reazione vedendola è stata l’indignazione e… poi… mi sono venute in mente delle immagini diametralmente opposte: un video che documenta l’incontro fra un leone che, dopo essere stato allevato da due giovani e dopo essere tornato in libertà, li rivede dopo un anno.
Sono due scene che mostrano due usi molto diversi della forza. Nella prima il vincitore si erge tronfio (e, francamente, un po’ gonfio) sulle spoglie dell’avversario sconfitto; nella seconda i rappresentanti di due specie molto diverse e atavicamente nemiche riescono a compiere una sorta di miracolo: la trasformazione di una potenziale aggressività in amicizia e in affetto.
Sono due esempi estremi ma ci permettono di riflettere sull’uso e sull’abuso della forza.
C’è un vecchio adagio psicologico che, sotto forma di domanda, ci spinge a riflettere sul conflitto e sulla sua gestione. La domanda, apparentemente paradossale, chiede: cosa succede quando una forza irresistibile si scontra con un oggetto inamovibile?
La prima, facile, risposta è quella che ci fa pensare ad uno stallo: un’immobilità nello spazio e nel tempo. Se l’oggetto è inamovibile non si sposterà; se la forza è irresistibile non rinuncerà, continuerà ad insistere per avere la meglio. In questo modo il conflitto non avrà fine a meno che… uno dei due contendenti non trovi un modo per porre fine al gioco.
Fra le varie strategie che l’essere umano ha elaborato per risolvere il dilemma, una, quella rappresentata nella foto, contempla l’uso di uno strumento che permette al più “versatile” dei due contendenti di uscire dal vicolo cieco portando il gioco su un terreno su cui l’altro non ha scampo. Il ragionamento che sottende questo modo di agire suona, pressapoco, così: “D’accordo, tu sei grande e grosso, se ci dovessimo scontrare su un terreno aperto e comune, quello in cui le nostre forze potessero confrontarsi su un piano di onesta parità, avresti la meglio. Su quel piano io sarei decisamente più debole ma… grazie al mio ingegno e alla tecnica che ho sviluppato, con poco sforzo sono in grado di sconfiggerti, annichilendoti. Io, grazie agli strumenti che ho creato, sono la forza irresistibile e tu smetti di essere inamovibile perché una volta morto e reso oggetto sei alla mia completa mercé: posso farti a pezzi, trasportarti, mangiarti, imbalsamarti…”.
E’ un uso necrofilo della forza (cfr Eros e Thanatos II parte) in cui il rebus è risolto portando il gioco su un livello in cui l’altro non può giocare e può solo perdere.
Nell’altro esempio la forza viene usata in modo biofilo e con un risultato completamente diverso. Non ci sono un vincitore e un vinto perché il gioco fra forza irresistibile e oggetto inamovibile viene comunque smontato, ma in una direzione completamente diversa. Il ragionamento che sta sotto il comportamento biofilo è più del tipo: “Siamo molto diversi, non è facile incontrarci senza farci del male… è evidente che qualcosa potrebbe spingere te ad attaccare e me a difendermi. Entrambi potremmo farci molto male ma… sono interessato a comprendere la forza che ti anima, sono in grado di rispettarla, di ammirarla e di avvicinarmi ad essa… ecc.”.
Nella Biofilia lo scopo non è vincere ma convincere (vincere insieme).
Il necrofilo non riuscendo a sintonizzarsi con l’avversario decide di togliergli il respiro e di essere l’unico che rimane in piedi.
Per il biofilo, invece, cospirare è importante. Rendere il proprio respiro simile a quello dell’altro per entrare in contatto, per creare una complicità, una comprensione e un’alleanza, è uno dei modi per sciogliere il conflitto e per aumentare la possibilità di vita di entrambi.
Un vecchio professore di Psicoterapia Ipnotica a cui chiedevo come fare per instaurare un Rapport (un campo condiviso di empatia) con un paziente che consideravo ostico, evitante e chiuso nella propria diffidenza, mi rispose di cominciare ad osservare come respirava: “Segui le sue apnee… respira come lui, prova a sentire com’è il suo modo di stare in vita nel momento difficile in cui gli stai imponendo la tua presenza”.
E’ una delle cose più importanti che mi sono state insegnate. Mi ha spiegato in poche semplici parole come fare per rompere il gioco fra forza irresistibile e oggetto inamovibile che si stava creando fra me e quel paziente. Usandolo in seduta ho imparato a temperare la mia Hybris, la volontà di potenza che mi spingeva a chiedermi come fare per smuoverlo invece di sentire quanto la mia forza lo immobilizzasse e lo allontanasse.
Se riguardiamo le immagini di cui sopra, se le lasciamo entrare senza fermarci alla prima impressione, possiamo renderci conto di quanto entrambe le modalità siano presenti in ognuno di noi.
E’ molto facile identificarci con i ragazzi del video e altrettanto facile restare sbigottiti davanti al povero re che dovrebbe essere trionfante e invece se ne sta lì con sguardo apatico davanti al proprio trofeo.
Ma Eros e Thanatos non sono mai presenti allo stato puro dentro di noi. Sarebbe stupido negare il nostro potenziale aggressivo e considerarci solo buoni, comprensivi, compassionevoli.
La differenza sostanziale fra le due scene è che nella prima non è affatto rappresentato il rispetto.
L’Hybris è irrispettosa e arrogante. E’ presente in ognuno di noi ed è ciò che ci spinge ad incarnare o la forza irresistibile o l’oggetto inamovibile. Il suo scopo è la vittoria e l’imposizione della volontà a prescindere dal rispetto.
Non può essere completamente eliminata perché non esiste un essere umano senza volontà di potenza. Ma può essere temperata (cfr Temperanza).
E la chiave per esercitare questo controllo sulla nostra tracotanza è il rispetto: la capacità di mettersi di fronte all’altro con un interesse che ci spinge a penetrare e a comprendere senza per questo violare la libertà di tenerci fuori e di delimitarsi.
E’ una strada più complessa ma piena di benefici effetti collaterali. Percorrendola si diventa più intelligenti, più empatici, più resilienti, più felici.