La doppia descrizione. Un “facile” esercizio.

“La più ricca conoscenza
dell’albero comprende
sia il mito sia la botanica”
G.Bateson

Dire, come ha più volte ribadito G.Bateson, che “due descrizioni sono meglio di una” è, innanzitutto, tenere in considerazione il modo in cui noi umani siamo fatti: non abbiamo un’unica mente e un unico stile di pensiero: quando ci accostiamo ad un argomento o ad un oggetto, sempre lo guardiamo da “almeno due punti di vista”. Quando, ad esempio, ascoltiamo una comunicazione (ma anche quando la emettiamo) una parte di noi è attenta al contenuto e un’altra si accorge, quasi sotto al livello della normale coscienza, della musicalità, del tono e della punteggiatura con cui le parole fluiscono.

Lo stesso succede con l’apprendimento, quella facoltà che ha la nostra mente di assimilare l’esterno e, per dirla parafrasando Piaget “di far sì che quando il coniglio  mangia una carota sia questa a trasformarsi in coniglio e non viceversa”. La parte di mente con cui abbiamo appreso la nostra lingua madre non è la stessa con cui ci accingiamo a studiare una lingua straniera e solo nei momenti in cui, faticosamente, riusciamo a riusare quella parte di mente che ha imparato a parlare, ci accorgiamo di quanto apprendere un linguaggio sia più una questione di “assorbimento” che di “grammatica”.

Chi fa il mio lavoro sa bene che non basta far capire una cosa ad una persona o convincerla della forza delle nostre argomentazioni per far sì che questa persona cambi il proprio comportamento (cfr il saggio semiserio “Avere ragione”).

Chi di voi fumava ed è riuscito a smettere sa che la parte che va convinta non è quella che ragiona ma quella che desidera!

E allora… allora ecco un facile esercizio che spiega a quella parte più intuitiva e assorbente che cos’è una doppia descrizione.

Si prenda una buona definizione, tipo quella di Mente che Daniel J.Siegel dà nel suo libro “Mindsight”: “La mente umana è un processo relazionale e incarnato che regola il flusso di energia e di informazione”.
E’ una definizione sintetica e, allo stesso tempo, completa; una parte della nostra mente riflettendoci può sentire che è appropriata e può ragionarci apprezzandone la puntualità e l’accuratezza.

La mente implica un flusso di energia e di informazione: regoliamo energia perché ogni volta che compiamo un gesto, per quanto piccolo, siamo in grado di modularne la forza, l’intensità, la durata. Usiamo energia per muoverci, per pensare, per guardare e per distribuire l’attenzione. Ed è lavorando su quest’ultima che gestiamo il continuo flusso di informazioni in cui siamo immersi dalla vita prenatale fino ad oggi. La mente monitora e modifica questi flussi di energia e di informazione e lo fa “abitando” tutto il corpo grazie al sistema nervoso che, in questo momento è in grado di controllare la condizione del nostro piede sinistro mentre, al contempo, decifra i segni che gli occhi osservano trasformandoli in parole sensate e in frasi compiute… ecc.
Ed è, infine, un processo relazionale perché è creata nelle relazioni ed è sempre in relazione proprio come in questo momento in cui voi leggete qualcosa che io ho scritto.

A questo punto dell’esercizio possiamo fermarci e osservare quanto la nostra mente possa essere in accordo con una definizione che la riguarda direttamente.

Ma passiamo alla prossima descrizione. Si consideri la seguente poesia:

Io sono l’Angelo della realtà,
intravisto un istante sulla soglia.
Non ho ala di cenere, né di oro stinto,
né tepore d’aureola mi riscalda.
Non mi seguono stelle in corteo,
in me racchiudo l’essere e il conoscere.
Sono uno come voi, e ciò che sono e so
per me come per voi è la stessa cosa.
Eppure, io sono l’Angelo necessario della terra,
poiché chi vede me vede di nuovo
la terra, libera dai ceppi della mente, dura,
caparbia, e chi ascolta me ne ascolta il canto
monotono levarsi in liquide lentezze e affiorare
in sillabe d’acqua; come un significato
che si cerchi per ripetizioni, approssimando.
O forse io sono soltanto una figura a metà,
intravista un istante, un’invenzione della mente,
un’apparizione tanto lieve all’apparenza
che basta che io volga le spalle,
ed eccomi presto, troppo presto, scomparso?

W.Stevens, da Angel surrounded by paysans

Una poesia va letta due o tre volte e… lascia un’impressione.
Questa l’ho scelta perché in alcuni punti è sovrapponibile alla definizione di cui ho poc’anzi scritto.

Ciò che sono e so per me come per voi è la stessa cosa / la continua gestione dell’incredibile flusso di informazioni che la mente processa ora, in questo momento, è ciò che ora “sto essendo” e ciò che sarò fra poco ecc.

Chi vede me vede di nuovo la terra, libera dai ceppi della mente, / chi osserva il procedere del proprio flusso di coscienza vede, dopo un po’, quanto la mente legge più o meno fissamente le cose; si accorge di quanto ogni volta che riflettiamo e che osserviamo noi stessi nell’atto di pensare ci liberiamo, uscendo per un attimo, dal flusso di pensiero, lo riconsideriamo, siamo in grado di dirigerlo, ecc…

O forse questa poesia e questa definizione sono soltanto figure a metà, intraviste per un istante sulla soglia / l’una senza l’altra definisce solo in parte un processo che non può che non potrà mai essere completamente definito  e che va guardato e riguardato per poter essere colto “procedendo a tentoni e cogliendo con la coda dell’occhio”…

Forse la poesia e la definizione non si assomigliano, ci sono tante differenze, una non contiene l’altra che è troppo vasta; eppure in certi punti sembrano collimare e… forse sovrapposte servono per vedere diversamente…

Ecco la doppia descrizione! E questo è un facile esercizio: allena due parti di mente (potremmo chiamarle l’analitica e la poetica) e le sovrappone e le mette in comunicazione e, se lo fate bene, sentite qualcosa che scricchiola un po’ e poi si allarga come se si sgranchisse…
Potete andare avanti a farlo, rileggere la poesia e lasciarla lì, da qualche parte della mente a riecheggiare.

I vostri commenti sulla riuscita di questo esercizio saranno utili e apriranno la strada ad altri post su questo argomento.

3 thoughts on “La doppia descrizione. Un “facile” esercizio.

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