Temperanza

“Ogni volta che sullo schermo appare un nuovo tweet,
sento una piccola scarica di dopamina che mi distrae
da…da…cosa stavo dicendo?”
B.Keller

La persona più smaccatamente “multitasking” che ho conosciuto è un manager che pretende di svolgere almeno due o tre compiti contemporaneamente, uno che si assicura di mettersi al volante prima di fare una telefonata importante, che controlla le mail mentre sta parlando con te e che non ha tempo per ascoltarti e ti chiede, allora, di fargli un report scritto che potrà leggere mentre guarda la televisione.

Questa persona non si definirebbe mai un ansioso e, in effetti, non potrei dire che soffra d’ansia. L’ansia è piuttosto tutta intorno a lui: ne soffrono i suoi dipendenti, ne fanno le spese i suoi fornitori e i suoi clienti, ma è come se lui ne fosse esente.

Saltella da una cosa all’altra in quella che il giornalista S.Berlin Johnson definisce “attenzione continuamente parziale”: “Una modalità che ti permette di perlustrare una rete più vasta, ma che ti fa correre il rischio di non studiare mai veramente il pesce”.

Se si decide di “soffermarsi sul pesce” questo tipo di attenzione diventa inutile; bisogna trasformarla: rallentare per rendere più profondo il nostro sguardo. Per farlo si deve applicare un antidoto alla fretta di raggiungere e all’impulso a fuggire.

Questo antidoto che, intervenendo sull’attenzione la depura dall’ansia, è la Temperanza.

Per gli antichi Greci era la cura per eccellenza, il rimedio all’Hybris, la tracotanza, che spinge l’uomo a volere a tutti i costi, a non sapersi trattenere e a perdere quindi il senso della misura.

L’assenza di Temperanza favorisce gli stati ansiosi generando la fretta, la smania del risultato, la pretesa di controllare tutto e l’inevitabile frustrazione che ne deriva. Un suo eccesso porterebbe ad un’eccessiva quiete e ad un assopimento delle passioni che può sfociare nell’indifferenza e nell’apatia. Questo la renderebbe semplice mortificazione.

Il manager “schizzato” la scarterebbe come un inutile rimedio o come un irritante invito a soffermarsi troppo su un argomento che non ha bisogno di essere approfondito. Ma ci sono persone che invece, nella profondità e nella capacità di soffermarsi possono trovare un vero sollievo alle proprie ansie.

Infatti mentre alcuni, dirigendo aggressivamente l’ansia verso l’esterno, riescono, almeno per un po’, a non soffrire dei sintomi che essa provoca, ci sono altri che, più riflessivi e introversi, si trovano a dover fare i conti con tutta la gamma di sensazioni ed emozioni che all’ansia si accompagnano.E’ per costoro che non riescono ad anestetizzarsi con la frenesia dell’azione, che la Temperanza diventa un ottimo rimedio.

Ci sono molte storie che raccontano della capacità di intervenire tempestivamente per risolvere, nel modo in cui l’eroe e il guerriero risolvono, i nodi che nella vita di tutti i giorni incontriamo.Ma ce ne sono altre, meno raccontate in questo particolare frangente storico, che invece esaltano la pazienza e la capacità di riflettere a lungo prima di agire.

Me ne viene in mente una citata da Italo Calvino in “Lezioni Americane”: “Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c’era l’abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e di una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora incominciato. “Ho bisogno di altri cinque anni” disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò. Allo scadere degli anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto.”.

E altre antiche metafore come quella in cui si narra di Persefone che deve regnare per sei mesi negli inferi prima di poter uscire allo scoperto, a primavera, esprimendosi in una danza che riempie il mondo di abbondanza.

Sono storie che parlano della capacità di stare all’interno, di concentrarsi, di essere gravidi e senza fretta. Promuovono il piacere di osservare in profondità e di meditare a lungo su un oggetto prima di comunicarlo.

In ognuna di queste descrizioni si tratta, in fondo, sempre del dovere di prestare un’attenzione che diventi CURA di ciò che l’altro dice e dell’oggetto che, in un determinato momento, incontriamo sulla nostra strada.

La Temperanza, modificando in questo modo l’attenzione, diventa un mezzo per equilibrare la frenesia, un rimedio alla superficialità e, se ben dosata, un ottimo farmaco contro l’ansia.

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